Prendete un maestro di lettere, conversate con lui: […] Che si tolga la cappa, la veste e il latino; che non percuota le nostre orecchie con Aristotele nudo e crudo, e lo prenderete per uno di noi, o peggio. […] avviene come con i giocolieri la loro agilità combatte e vince i nostri sensi, ma non intacca affatto la nostra opinione; eccettuati quei giochi, essi non fanno nulla che non sia volgare e vile. Se sono più dotti, non sono perciò meno inetti.
Io amo e onoro il sapere quanto quelli che lo possiedono; e, nel suo vero uso, è la più nobile e potente acquisizione degli uomini. Ma in coloro (e di questa specie ce n’è un numero infinito) che in esso fanno consistere il loro principale merito e valore, che basano il proprio ingegno sulla memoria, e non sono capaci di far nulla se non per mezzo dei libri, io l’ho in odio, se oso dirlo, la dottrina giova abbastanza alla borsa, raramente all’anima. Se la trova ottusa, l’appesantisce e la soffoca, massa cruda e indigesta; se agile la purifica spesso, la chiarifica e la raffina fino all’estrema inanizione.

MONTAIGNE, Saggi, Libro III Cap. VIII