Addio alla filosofia

Mi sono allontanato dalla filosofia quando mi è diventato impossibile scoprire in Kant qualche debolezza umana, qualche accento vero di tristezza; in Kant e in tutti i filosofi.
Rispetto alla musica, alla mistica e alla poesia, l’attività filosofica discende da una linfa svigorita e da una profondità sospetta, che non hanno attrattiva se non per i timidi e i tiepidi. D’altronde, la filosofia – inquietudine impersonale, riparo presso idee anemiche – è la risorsa di tutti coloro che rifuggono dall’esuberanza corruttrice della vita. […] Non si può eludere l’esistenza con delle spiegazioni, si può solo subirla, amarla o detestarla, adorarla o temerla, in quell’alternanza di felicità e di orrore che esprime il ritmo stesso dell’essere, le sue oscillazioni e le sue dissonanze, le sue veemenze amare o allegre. Chi di noi non è esposto, per imprevisti o per necessità, a una disfatta clamorosa, e chi, allora, non leva le mani in preghiera per poi lasciarle cadere ancor più vuote delle risposte che ci dà la filosofia? Parrebbe che la missione di questa consista nel proteggerci finché la sventatezza della sorte ci lascia procedere al di qua dello sgomento e nell’abbandonarci non appena siamo costretti ad affondarvi. E come potrebbe essere diversamente se si pensa quanto poco le sofferenze dell’umanità siano entrate nella filosofia? L’esercizio filosofico non è fecondo; è solo onorevole. […] Non si discute l’universo, lo si esprime. E la filosofia non lo esprime. I veri problemi non iniziano se non dopo averla percorsa o esaurita, dopo l’ultimo capitolo di un immenso tomo che metta il punto finale in segno di rinuncia davanti all’Ignoto, nel quale si radica ogni nostro istante, e contro cui dobbiamo lottare perché è naturalmente più immediato, più importante del pane quotidiano. Qui il filosofo ci abbandona: nemico del disastro, è sensato come la ragione e prudente quanto lei. […] Non cominciamo a vivere realmente se non una volta giunti in fondo alla filosofia, sulla sua rovina, quando abbiamo capito sia la sua terribile insignificanza sia l’inutilità del farvi ricorso, in quanto non è di alcun aiuto.

EMIL M. CIORAN, Sommario di decomposizione