Musica e scetticismo

Ho cercato il Dubbio in tutte le arti, non l’ho trovato se non mascherato, furtivo, sfuggito alle pause dell’ispirazione, sorto da un allentamento dello slancio: ma ho rinunciato a cercarlo – anche in questa forma – nella musica; qui non può germogliare: ignorando l’ironia, la musica proviene non già dalle malizie dell’intelletto ma dalle sfumature tenere o veementi dell’Ingenuità – idiozia del sublime, irriflessione dell’infinito… Poiché il motto di spirito non ha equivalente sonoro, definire intelligente una musicista significa denigrarlo. Questo attributo lo sminuisce ed è inammissibile in quella cosmogonia languida in cui egli, come un dio cieco, improvvisa universi. Se il musicista fosse consapevole del proprio dono, del proprio genio, soccomberebbe di orgoglio; ma egli non ne è responsabile; nato nell’oracolo, non è in grado di comprendere se stesso. Spetta agli sterili interpretarlo: Egli non è critico, così come Dio non è teologo.

Caso limite di irrealtà e di assoluto, finzione infinitamente reale, menzogna più veritiera del mondo – la musica perde il suo fascino non appena, aridi o malinconici, ci dissociamo dalla Creazione, e lo stesso Bach ci sembra un rumore insulso; essa è il punto estremo della nostra non partecipazione alle cose, della nostra freddezza e della nostra decadenza. Sogghignare in pieno sublime – trionfo sardonico del principio soggettivo, che ci rende simili al Diavolo!

E’ perduto colui che non ha più lacrime per la musica, che vive ancora soltanto del ricordo di quelle versate: la chiaroveggenza sterile avrà avuto ragione dell’estasi – che un tempo generava mondi…

EMIL M. CIORAN, Sommario di decomposizione