L’estasi dello stato dionisiaco, con il suo annientamento delle barriere e dei limiti abituali dell’esistenza, contiene nel suo perdurare un elemento letargico, in cui si immerge tutto ciò che è stato vissuto nel passato., Attraverso questo abisso dell’oblio si dividono così l’uno dall’altro il mondo della realtà quotidiana e quello della realtà dionisiaca. Ma non appena quella realtà quotidiana rientra di nuovo nella coscienza, viene sentita come tale con disgusto: il frutto di quelle esperienze è uno stato d’animo ascetico, negatore della volontà. Ciò che è dionisiaco viene contrapposto nel pensiero come un ordine superiore del mondo a un ordine volgare e dappoco: il Greco voleva una fuga assoluta da questo mondo della colpa e del destino. Difficilmente si dava pace con un mondo dopo la morte: la sua brama andava più in alto, al di là degli dèi; egli negava l’esistenza assieme al suo variopinto, luccicante rispecchiamento negli dèi. Nella consapevolezza del risveglio dall’ebbrezza, egli vede ovunque l’atrocità o l’assurdità dell’esistenza umana. Ciò gli dà la nausea. Ora egli comprende la sapienza del dio silvano.
Qui viene raggiunto il confine più pericoloso che la volontà ellenica potesse permettersi con il suo principio fondamentale apollineo-ottimistico. Qui tale volontà agì subito con la sua naturale forza risanatrice, per far ripiegare nuovamente quello stato d’animo negatore: i suoi strumenti furono l’opera d’arte tragica e l’idea tragica. Non poteva assolutamente avere l’intenzione di mitigare, o addirittura di reprimere lo stato dionisiaco: una sottomissione diretta era impossibile, e quand’anche fosse stata possibile, era troppo pericolosa poiché quell’elemento, trattenuto nella sua effusione, si sarebbe aperto altrove una strada e sarebbe penetrato in tutte le arterie vitali.
FRIEDRICH NIETZSCHE, La visione dionisiaca del mondo