A Due Voci quest’anno ha pensato anche ai più piccoli! Durante il festival Vedere&Sentire è stato proposto agli alunni di quinta elementare della Scuola Primaria Corridoni di Como un laboratorio di filosofia che li ha davvero entusiasmati. I quadri dell’ala del ‘900 della Pinacoteca Civica sono stati fonte di ispirazione per una riflessione nata da una domanda filosofica essenziale: «cos’è un’emozione?». Vi presentiamo alcuni dei pensieri che sono emersi durante la discussione e l’attività creativa che ne è seguita.

Iniziamo dal bambino che con disinvoltura e senza il minimo sospetto ha citato uno dei massimi filosofi del novecento – Martin Heidegger – facendo notare come le emozioni ci siano sempre. Alle volte sono fortissime e riusciamo a malapena a controllarle, altre volte sono meno intense e quasi non ce ne accorgiamo, tuttavia non capita mai di non averne affatto. Heidegger scriveva della costante presenza nell’uomo di uno “stato emotivo”.

Accade spesso – fanno notare altri bambini – di dover dissimulare ciò che proviamo. Naturalmente non utilizzano un termine filosofico così complesso, ma è ciò che intendono facendo l’esempio di quando riceviamo un regalo che non ci piace, che addirittura ci «disgusta» (qui si vede l’influenza lessicale del cartone Inside Out), ma fingiamo che sia di nostro gradimento soltanto per non ferire chi ce lo ha donato. È vero però che riusciamo a fingere bene soltanto perché in noi convivono più emozioni contemporaneamente: nel caso del regalo oltre al disgusto può esserci l’amore per chi dona, e la gioia che si sia ricordato di noi.

Di una tale compresenza di sentimenti gli alunni di quinta sono pienamente consapevoli: i contorni sono sfumati, «le emozioni si trasformano l’una nell’altra». Perché? Una bambina spiega che i neonati vivono le emozioni diversamente da noi, le vivono in maniera assoluta, sono o pienamente felici, oppure pienamente tristi, piuttosto che del tutto arrabbiati. Non provano, come capita a chi è già un po’ cresciuto, un “mix” di emozioni. A cambiare le cose è il ricordo, è la memoria – continua –. Ai “bambini grandi” capita infatti di essere felici ma poi di ricordarsi qualcosa di brutto, e allora si infastidiscono, si arrabbiano, o altro ancora. «Io mi ricordo sempre del brutto sogno che ho fatto una volta» conferma qualcuno. «Sì» – continua qualcun altro – «e poi si impara che le cose belle non durano, e che, per esempio, ora siamo contenti ma può succedere qualcosa che ci fa diventare tristi».

 

Una riflessione così profonda ricorda quella dei tanti filosofi che si sono interrogati sulla dimensione temporale dell’esistenza sottolineando come ad un certo punto della vita diventi particolarmente difficile vivere il presente (come i bimbi piccoli dalle “emozioni pure”) perché il pensiero si rivolge al passato oppure al futuro.

Quando invitiamo gli alunni ad osservare i quadri della pinacoteca per sentire quali emozioni suscitano in loro, notiamo come sono influenzati dai colori, dagli elementi naturali, dai volti tratteggiati. Più di un bambino connette la neve delle rappresentazioni montane alla felicità, «perché la neve non c’è quasi mai e quando arriva siamo tutti contenti». Una bambina definisce triste un quadro perché non vi sono uomini, allora chiediamo: «sono gli uomini a portare nel mondo emozioni come la felicità?» ne nasce un dibattito che ci dà da pensare, qualcuno dice che anche gli alberi hanno emozioni…

Quando invece tocca ai bambini dipingere alcuni degli stati emotivi precedentemente individuati, i grandi fogli che abbiamo dato loro si riempiono di paesaggi fantastici, perché «ciò che si prova vola in alto e crea nuovi mondi»; un gruppo di bambini dipinge un maggiolino con un fiocco regalo sul cofano: si tratta di un dono e ricevere un dono è tra le cose che più ci danno gioia. Notiamo stupefatti un disegno estremamente filosofico: un coniglietto – che rappresenta la curiosità – sbuca dalle giacche ammassate sulla sedia della sala del ‘900, in cui si è tenuto il nostro dibattito. Sotto la sedia sono nascosti due cagnolini – simboleggiano il timore – perché si ha sempre un po’ paura di quel che di nuovo si può scoprire. Non è forse ciò che accade in filosofia? Non è forse la compresenza di curiosità e timore, eccitazione della scoperta e paura del nuovo, l’intricato sfondo emotivo del pensiero filosofico? D’altronde un bambino ci ha detto che le domande nascono da una forte emozione, parlava forse del Thaumàzein di Platone e Aristotele?

 

 

[Un ringraziamento speciale all’amica Teresa Rappa con la quale ho gestito questo laboratorio e ai bambini di quinta della Scuola Primaria Corridoni, che si sono prestati ai nostri “giochi filosofici”. Grazie alle fantastiche maestre che li hanno accompagnati, e alla maestra Patrizia che ha portato avanti in classe la riflessione avviata.]