Questo contrasto: da un lato l’infinita nostalgia, dall’altro la necessità di rappresentarlo lo spettacolo, nel senso proprio del Thauma greco che la natura illimitata produce di continuo. Natura naturans, Natura naturata. La Natura naturans chi la conosce, chi la vede? E’ la Natura naturata che vediamo. Ma che ne sappiamo di ciò che può la natura infinita. Physis. Ma è lì che tende, sento che la mia musica ha quella potenza: sorgiva, originaria, arcaica e voglio farne segno, voglio che la mia espressione sia una traccia di questa origine e di questa destinazione. Io ho una destinazione ultrasensibile. La mia anima ha una potenza infinita in sé. Questo è tipico delle filosofie idealistiche e dell’estetica romantica.

E la musica è l’arte per eccellenza, ma è rappresentazione, tuttavia. Non può accogliere fino in fondo la prospettiva di Schopenhauer perché quella prospettiva è nichilistica: Keine Welt. Il mondo io devo esprimerlo. La musica esprime un mondo in sé. Del tutto indipendente dal mondo delle apparenze. Bene, ma è un mondo. Allora cosa intendo per Keine Welt? E’ un mondo del tutto indipendente dal mondo delle apparenze che tende però a Keine Welt, a nessun mondo. Cioè una prospettiva nichilistica, radicalmente nichilistica […] in cui l’artista creatore produce: “sento la natura infinita in me – e la legge morale rappresenta questo – ma questa natura infinita devo pure dirla e quando la dico, ecco che diviene spettacolo”. Uno spettacolo che è consapevole di aver dietro di sé una natura infinita e illimitata, ma è sempre uno spettacolo. Ecco dunque il contrasto, il dramma all’interno di questi autori, e soprattutto in Beethoven. E poi si mescola con contrasti politici, umani, esistenziali.  Perché è l’isolamento del poeta. 

MASSIMO CACCIARI, Romantik: filosofia e musica, Teatro Filarmonico, 2018