La scrittura, che sembra dover fissare la lingua, è giustappunto ciò che la altera; essa non ne muta le parole, bensì il genio; sostituisce l’esattezza all’espressione. Si esprimono i propri sentimenti quando si parla e le proprie idee quando si scrive. Scrivendo si è costretti a prendere tutte le parole nella loro accezione corrente; ma chi parla varia le accezioni con i toni, le determina come gli piace; meno preoccupato di essere chiaro, concede di più alla forza espressiva. E non è possibile che una lingua che si scrive conservi a lungo la vivacità di quella che è soltanto parlata. Si trascrivono i suoni vocali, ma non la loro sonorità, ora in una lingua modulata, è la sonorità, sono i toni, le inflessioni di ogni specie che costituiscono la più grande energia del linguaggio; e rendono una frase, per altri versi comune, propria solamente al luogo in cui è in uso. I mezzi che vengono adottati per supplire a ciò diluiscono, allungano la lingua scritta, e, passando dai libri al discorso parlato, snervano la parola stessa. Dicendo tutto come se si scrivesse, non facciamo altro che leggere parlando.
JEAN-JACQUES ROUSSEAU, Saggio sull’origine della lingua