Se non bastassero le osservazioni precedenti, potremmo ricorrere a un’enfatizzazione del contrasto ora evocato, proponendo come esempio di voce l’esperienza del monologo interiore, quel nocciolo in cui va rifugiandosi l’attività stessa del pensare […]. In quel ricettacolo della soggettività non vi è spazio per ascoltare la voce, mentre il prender spessore del fenomeno vocale indica l’uscita da sé, la rottura dell’argine dell’interiorità, il declinarsi di una soggettività che si fa avanti. E così potremmo proporre di iniziare il nostro percorso osservando che se un richiamo al silenzio può sollecitare l’immagine di un ritrarsi della coscienza dal mondo, il risuonare della voce implica il farsi avanti di un suono che vuol farsi ascoltare. Ma anche il mondo sa farsi ascoltare, e il modo in cui si offre non è quello di un semplice sfondo, ma di una spazialità crepitante di suoni, che ci chiamano.
CARLO SERRA, La voce e lo spazio