Quando Nietzsche scrive che «la musica offre alle nostre passioni di poter gioire di loro stesse», penso che sia esatto e che non sia un complimento. La musica come cultura della passione, è concretamente la musica militare che incita alla carneficina, la musica religiosa che coltiva la fede e la superstizione, la musica sentimentale che rende sdolcinati, la musica della possessione che porta l’individuo in trance. C’è la musica che culla e la musica che dà fastidio, la musica che addormenta i corpi o l’anima e la musica che risveglia i corpi o l’anima, la musica che rende più forti e la musica che ci rende manipolabili. C’è un’altra arte i cui effetti soggettivi, individuali e collettivi possano essere così differenti e opposti, un’altra arte che possa mettersi così efficacemente al servizio dell’oppressione politica o religiosa? L’esperienza musicale non è un oggetto posto davanti a noi e offerto alla nostra libera investigazione. Poiché la musica ci precede sempre. Noi proviamo a pensarla solo perché lei già pensa in noi.
BERNARD SÈVE, L’altération musicale