La facilità con cui oggi, in ogni istante, radio e grammofono danno anche al più pigro il modo per avvicinarsi al sublime induce i più a dimenticare quale sia la fatica di chi crea, fa sì che si inghiotta senza rispetto il cibo dell’arte, come fosse un pezzo di pane o un bicchiere di birra. Proprio per questo è una beatitudine, un piacere spirituale, incontrare ai giorni nostri qualcuno che con la sua potenza ci costringe invece a rivedere nell’arte un sacro travaglio, un apostolato del divino irraggiungibile, non un dono del caso, ma una grazia meritata, non un tiepido piacere, ma una feconda ineluttabilità.
STEFAN ZWEIG, Introduzione a “Toscanini” di Paul Stefan.