Musica a occhi chiusi

Egli non poteva vivere senza musica, in particolare senza canto, però aveva il capriccio di non voler vedere i cantori. “Il teatro” soleva dire “ci vizia troppo: lì la musica serve quasi solamente all’occhio, accompagna i movimenti, non i sentimenti. Negli oratori e nei concerti la figura dell’esecutore ci disturba sempre; la vera musica è solo per l’orecchio; una bella voce è quanto di più universale si possa immaginare, e se l’individuo limitato che la emette è davanti ai nostri occhi distrugge il puro effetto di quella universalità. Io voglio sempre vedere in faccia la persona con cui devo parlare, perché si tratta di una singola creatura, il cui aspetto e carattere rendono più o meno interessante il colloquio; invece chi canta per me deve essere invisibile; la sua figura non deve sedurmi né fuorviarmi. Qui è solo un organo che parla a un altro organo, non lo spirito allo spirito, non un mondo dai mille volti all’occhio, non un cielo all’uomo.” E così anche nella musica strumentale voleva che l’orchestra rimanesse per quanto possibile celata, perché si viene sempre molto distratti e confusi dagli sforzi meccanici e dai gesti, necessari ma pur sempre insoliti, dei suonatori. Per questo era abituato ad ascoltare la musica solo a occhi chiusi, per concentrare tutto se stesso nell’unico e puro godimento dell’orecchio».

JOHANN WOLFGANG GOETHE, Gli anni di apprendistato di Wilhelm Meister 

 

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