Liberos, rispettados, uguales

Peppino Mereu (Tonara, 14 gennaio 1872 – 11 marzo 1901) è stato uno dei poeti in lingua sarda più importanti di fine Ottocento autore di Nanneddu meu, divenuto uno dei canti più popolari della Sardegna.

Nato e vissuto in una Sardegna afflitta da fame, malaria e corruzione, di tutto ciò è cosciente pervadendone la sua opera. Affine agli scapigliati milanesi e vicino alla scuola nuorese dei poeti de su connottu (letteralmente “del conosciuto”), Mereu visse una vita di stenti protetto solo da pochi amici tra cui Nanni Sulis, al quale sono dedicati numerosi componimenti del poeta. La sua è poesia sociale, di protesta ma anche esistenziale.

Da una poesia dedicata al Sulis 

« Senza distinziones curiales devimus esser, fizzos de un’insigna, liberos, rispettados, uguales. »« Senza distinzioni di casta dobbiamo essere tutti figli di un simbolo, liberi, rispettati, uguali. »

NANNEDDU MEU

Nanneddu meu, su mundu er gai:
a sicut erat non torrat mai.
Semus in tempus de tirannia
infamidade e carestia.
Como sos populos cascan che cane
gridende forte: “Cherimos pane”.
Famidos nois semos pappande
pane e castanza, terra cun lande.Terra ch’a fangu torrat su poveru
senz’alimentu, senza ricoveru.
Semos sididos in sas funtanas
pretende s’abba parimos ranas.
Peus sa famene chi forte sonat
sa janna a tottus e non perdonat.
Nannedu mio, così va il mondo:
com’era non torna più:
Viviamo tempi di carestia,
di disgrazia e tirannia.
Da cani ora cade la gente,
gridando forte “Vogliamo pane”.
E noi affamati stiamo mangiando
pane e castagne, terra con ghiande.Il poveraccio è malridotto,
privo di cibo e senza tetto.
Siamo assetati e, alle fontane,
bramando acqua sembriamo rane.
Peggio, la fame bussa con forza
ad ogni porta e non perdona.