La festa alla musica

Ma ogni dolore e ogni piacere e ogni pensiero e sospiro,
e ogni indicibilmente piccola e grande cosa della tua vita
dovrà fare ritorno a te, e tutte nella stessa sequenza e successione,
e così pure questo ragno e questo lume di luna tra i rami,
e così pure questo attimo e io stesso.

F. Nietzsche, La gaia scienza

 

Dedicate ai più disparati e disperanti aspetti dell’attività e della condizione umana, da alcuni decenni ormai Feste e Giornate hanno progressivamente sostituito i nomi dei santi. Una sorta di rinuncia a una visione lineare e “progressiva” della Storia, fatta tradizionalmente di problemi, propositi, promesse, prospettive, ma anche di dialettica e conflitti, sembra costringerci a misurare le nostre brevi esistenze attraverso un nuovo e innocuo secolarizzato calendario circolare che ci ripresenta ciclicamente post-it sempre più sbiaditi e gualciti; e che, oltretutto, permette anche celebrazioni multiple. L’ironia è qui fin troppo facile, ma vale la pena di ricordare che accanto alla Giornata Mondiale per la Sclerosi Multipla (28 maggio) festeggiamo anche nella stessa data la Giornata Mondiale dell’Hamburger, e il 22 dicembre, ormai da dodici anni, la Giornata Mondiale dell’Orgasmo per la Pace.

Naturalmente le Giornate che si celebrano nei giorni cardinali del calendario astronomico e agricolo, solstizi e equinozi, si appropriano pure di significati ulteriori: da ormai trentasei anni proprio in occasione del solstizio d’estate, nel giorno in cui il Sole si ferma, si celebra ad esempio la Festa della Musica.

Nata nel 1982 da un’idea dell’allora ministro della cultura francese Jack Lang e del vulcanico Maurice Fleuret, allora Direttore Generale per la musica e la danza presso il Ministero della Cultura, la Festa della Musica vide a partire dal 1995 l’adesione di diverse città europee, tra cui Roma e Milano. Gli intenti principali, codificati due anni dopo in un una Carta in sette punti sottoscritta a Budapest, erano di «valorizzare la varietà e la diversità delle pratiche musicali…. invitare gli esecutori a una partecipazione spontanea e gratuita… permettere di esprimersi tanto a dilettanti che a professionisti… aprire eccezionalmente al pubblico luoghi che tradizionalmente non sono utilizzati per fare musica: ospedali, musei, edifici pubblici, il tutto senza fini lucrativi… creare occasioni di ascolto totalmente gratuite anche per il pubblico».

In realtà era stato sei anni prima il liutista Joël Cohen, allora assistente di Louis Dandrel, direttore dell’emittente radiofonica France Musique, a concepire l’idea di Saturnales da tenersi nella notte più breve e in quella più lunga dell’anno. Lo stesso Cohen, in un’intervista a Frantz Vaillant del 2014, osservò come la Festa di Lang e Fleuret avesse mutato completamente pelle già dopo un paio d’anni, cedendo definitivamente alla musica amplificata; la Festa, così Cohen, era diventata in poco tempo una questione di decibel.

Il nome stesso di Saturnales alludeva evidentemente a un rovesciamento di ruoli, come nelle omonime feste romane: si trattava di combattere disuguaglianze, di ridare cittadinanza, per una notte almeno, a pratiche musicali escluse fino a quel momento da un pieno riconoscimento, come il folk, la musica antica, il jazz, la canzone d’autore. Proposito ambizioso, naturalmente: «Tu dovevi, ottimo Crono, togliere prima questa disuguaglianza e mettere tutti i beni in comune, e soltanto dopo ordinare di celebrare la festa», era la protesta del sacerdote al dio nei Saturnalia di Luciano di Samosata.

Francisco Goya, Saturno che divora i suoi figli

Ma presto, osserva ancora Cohen, l’inversione di ruoli finì per stabilizzarsi, e la Festa della Musica divenne poco più che «una festa di chitarre elettriche».

L’idea di fondo di Fleuret, visionaria e esplicitamente “politica”, traeva origine da una ricerca del 1981 che aveva rivelato che oltre 5 milioni di francesi “suonavano” uno strumento; talvolta la si riassumeva così: «musica ovunque, concerti da nessuna parte». Dice oggi Lang: «Nel 1981 la musica classica godeva di un riconoscimento assoluto e particolare, e noi ritenevamo fosse necessario che anche gli altri generi (musica tradizionale, musica rock, musica di oggi) fossero portati alla luce. Volevamo una festa di tutte le musiche». Les goûts réunis.

Ma oggi che i meccanismi del consumo, lo sgretolamento dei confini tra generi e una certa progressiva desertificazione culturale hanno di fatto ribaltato i valori, oggi che sarebbe evidentemente la musica non-pop, non-rock, non-folk, non-jazz, non-”popolare”, non-x, a aver bisogno di Saturnalia che la innalzassero sul trono pur mortifero riservato per un giorno agli schiavi, oggi che la Festa della Musica si svolge in 120 paesi sotto l’egida di solidissime major, siamo così convinti che sia rivoluzionaria e necessaria (ancora) un’operazione culturale che ha finito per assumere sempre più negli anni le sembianze dell’ennesima Notte Bianca dei commercianti?

Oggi la Festa italiana è promossa dal Mibact, con il coordinamento a cura di Paolo Masini, dalla SIAE e dall’Associazione Italiana per la Promozione della Festa della Musica (anche se ad esempio a Torino l’organizzazione è affidata a un’altra associazione) in collaborazione con UNPLI, Feniarco, Anci, Conferenza delle Regioni, Miur, Ministero degli Affari Esteri, Ministero della Salute, Ministeri della Difesa e di Grazia e Giustizia. Main Media Partner è RAI, Media Partner sono Rai Radio Tre, Grandi Stazioni Retail, Telesia e Trenitalia.

L’edizione 2018, che propone come testimonial Ezio Bosso, impegnato proprio oggi a Fiesole con l’Orchestra Giovanile Italiana in un concerto intitolato Inno alla Gioia (lì avrà anche luogo la consegna dei Premi della III edizione di Abbado Award – Musica insieme e della XVI edizione del Premio Abbiati per la Scuola, iniziative che coinvolgono il Comitato Nazionale per l’Apprendimento Pratico della Musica), vede poi ancora una volta la “collaborazione” in qualità di sponsor di Carrefour Market, che a partire dalle ore 18 metterà a disposizione i suoi punti vendita per altrettanti non meglio definiti appuntamenti musicali: fino alla mezzanotte, poi, sarà lì attiva l’iniziativa Spendi & Riprendi, grazie a cui i clienti Carrefour riceveranno un buono sconto del 20% utilizzabile da domani e fino al 25 giugno su una spesa di almeno 50 euro pagata esclusivamente con carta Payback.

Se nel 1982 si scommetteva politicamente sulla capacità della musica di dilagare dai suoi luoghi ai suoi non-luoghi, sulla possibilità di rendere quel far musica una Fête («Faites de la musique!» il motto-calembour di allora), sull’equivocazione tra gratuità del gesto e auto-gratificazione di chi lo compia (e lì probabilmente si nasconde l’inganno attuale), sull’antinomia barthesiana dilettante/consumatore, che dire del qui e dell’oggi?

Sul tema dei compensi ci illuminano le istruzioni sul sito: «La Festa della Musica nasce come una festa per il musicista stesso quindi, normalmente, gli artisti locali suonano gratuitamente, mentre gli artisti “evoluti” nazionali o internazionali, di consueto, applicano tariffe ridotte, espressamente per la Festa della Musica». E poi: «Fortunatamente in occasione della Festa della Musica la SIAE applica delle tariffe vantaggiosissime che riescono a limitare la spesa». E la dotazione strumentale? Ecco qui: «L’organizzazione, per i palchi adibiti alle iscrizioni, prevede una backline base: un amplificatore per basso, un amplificatore per chitarra e una batteria sprovvista di piatti. I musicisti, ad eccezione del batterista, dovranno quindi portarsi solamente gli strumenti personali».

Oggi in Italia, per non dire dei ben noti problemi della formazione musicale e della sua ormai mitologica riforma, nata su una “nobilissima” idea di gratuità (e cioè a costo zero), su 100 persone sopra i 6 anni di età, solo 9,7 frequentano almeno una volta l’anno un concerto di musica “classica” (o musica non-x), mentre 30 vanno a vedere una mostra o un museo, e 25,7 frequentano spettacoli sportivi (Fonte: Rapporto ISTAT 2016).

Oggi in Italia tutti i recenti progetti di riordino dei teatri e dei luoghi della musica, a partire dalla Legge 160/2016, e poi proseguendo con l’Atto di indirizzo 2017-2019  dell’ex Ministro Franceschini (16 novembre 2016) hanno ribadito una linea basata su Risparmio, Risanamento e Rilancio. 

Poi a novembre 2017 il Parlamento ha approvato la legge-delega (Legge 22.11.2017, n. 175) per il riordino delle disposizioni in materia di spettacolo, con cui mette sì una pezza alla questione del “risanamento” delle Fondazioni Lirico-Sinfoniche differendone la scadenza di un anno e incrementando leggermente il FUS, ma poi nell’elencare le attività degne di promozione e sostegno si accostano a quelle teatrali, liriche e concertistiche, quelle della musica “popolare contemporanea” (se è quello che immaginiamo, non sembrerebbe un settore poi così bisognoso di tutele), oltre a carnevali e rievocazioni storiche; si accostano infine confusamente le pratiche amatoriali e la canzone “popolare d’autore” ai corpi di ballo e ai centri di sperimentazione e ricerca. I decreti delegati, che ridefiniranno pure la gestione e la ripartizione del FUS «razionalizzando gli interventi di sostegno dello Stato», non potranno naturalmente produrre ulteriori oneri per la finanza pubblica; verrà infine costituito un Consiglio Superiore dello Spettacolo composto da 15 membri, di cui 11 di diretta nomina ministeriale, e 4 scelti dal Ministero da una rosa proposta dalle associazioni maggiormente rappresentative.

Insomma, risanamento, risparmi, iniziative gratuite (il crollo del rapporto FUS/PIL negli ultimi trent’anni è cosa nota), quasi a voler registrare l’esistenza solo di fruitori/consumatori e non anche di lavoratori/produttori; sembrerebbe proprio che con la “cultura” si possa sì forse festeggiare a comando in tempi di solstizio, ma mangiare proprio no. Se non fosse però venuto a smentirci Elio, che nel corso della manifestazione a margine dell’ultima edizione della Festa nel 2017 a Montecitorio aveva osservato come in Italia, al contrario, con la cultura si possa mangiare di brutto, fino a ingozzarsi.

Ora però che l’età di Crono sembra tramontata, perché non pensare a ritornare entro il prossimo anno all’originario spirito saturnio, ad esempio retribuendo (per ora) semel in anno i musicisti, non solo quelli “evoluti” (=”mediaticamente noti”)? Perché non riflettere senza toni apocalittici, ma prendendone atto, sulle nuove gerarchie economico-culturali, e non impegnarsi su nuove più attuali e più urgenti ridistribuzioni, magari intervenendo sul tessuto associativo anche minuto, sempre più strangolato tra assenza di risorse e dissuasivi e onerosi adempimenti? Sarebbe una sfida ambiziosa per chi ha ereditato il MIBACT e questa Festa. 

«Che pazzia è la tua di scrivere a me come va il mondo adesso, e di volere che io faccia una nuova distribuzione dei beni? Questo dovresti raccontarlo ad altri, a chi regna ora», aveva risposto Saturno al sacerdote.