Vedere e sentire tra la Grecia e la Cina

Voir ou entendre, entre la Grèce et la Chine /  Vedere o sentire tra la Grecia e la Cina

Sabato 17 Novembre 
PINACOTECA CIVICA ore 10:00
François Jullien

Ingresso libero 

 

Se la vista è il senso del discontinuo e del locale, le palpebre si aprono e si chiudono come una tenda che si alza e si abbassa, l’udito è invece il senso della continuità.
Si dice “tapparsi le orecchie”, ma non si può chiudere un orecchio: non si ascolta più, ma si intende ancora. Si guarda necessariamente da una parte e dall’altra, sempre in modo parziale e locale, ma si ascolta solo globalmente; mentre la vista, proiettandosi al di fuori, si porta momentaneamente su un punto o su un altro, l’orecchio è quell’imbuto o cornetta che raccoglie costantemente da tutte le parti. Contro il privilegio che i greci hanno accordato alla vista, e all’“occhio dell’anima”, quando i nostri occhi non vedono più è il nostro orecchio (è anche un orecchio dello spirito) che bisogna formare, che dobbiamo imparare a esercitare per entrare nella percezione globale e continua dei processi. Tanto è vero che il corso delle cose prosegue di notte come in pieno giorno (Baudelaire).
Tutto quello che non viene percepito nel suo cammino ci investe tanto più violentemente. Oppure, detto al contrario, l’evento è tanto più sonoro quanto più la trasformazione che l’ha prodotto è stata discreta ed è avanzata senza alcuna allerta.  Non è forse una trasformazione silenziosa tutto ciò che si definisce con quel termine, che sembra il più neutro ma è in verità così pesante e poco sottile, opaco, che è “realtà”? Prendiamo il riscaldamento climatico. Esso mette in gioco, nella durata, tanti di quei fattori diversi e correlati (ed è un fenomeno di tale globalità) che non percepiamo la terra riscaldarsi; solo dopo si constata che i ghiacciai si sono sciolti e che i banchi di pesci sono risaliti più a nord o si sono immersi in acque più profonde. Oppure consideriamo la Storia: le rivoluzioni sono tanto più sonore e fanno rumore quanto più non si sono sapute cogliere le trasformazioni lente, globali e continue, fatte di mutamenti progressivi e di evoluzioni simultanee, delle quali esse sono lo sbocco fragoroso.