Una musica per dimenticare il dolore

Uno degli aspetti meno studiati della vita e dell’opera filosofica di Nietzsche è il suo rapporto con la musica. Fin da giovanissimo Nietzsche si dedica assiduamente allo studio del pianoforte e della composizione. Un primo pentagramma con abbozzata una linea melodica è datato 1854, Nietzsche aveva solo dieci anni, un frammento che inaugura un lungo periodo di lavoro compositivo che durerà fino al 1865. L’edizione critica delle sue musiche, curata da Curt Paul Janz (Der Musikalische Nachlass, Bärenreiter, 2005), raccoglie 74 brani: Lieder per voce e pianoforte, composizioni per pianoforte solo o per pianoforte a quattro mani, un melologo, alcuni pezzi corali, un Inno alla vita per coro e orchestra e, nella seconda parte del volume, diverse composizioni incompiute, progetti per una messa e un oratorio di Natale, appunti preparatori e semplici schizzi. Se si escludono un paio di brevi pezzi d’occasione, sono solo cinque le opere composte o rielaborate nella maturità.

Dal 1865 la sua ispirazione artistica subirà un brusco rallentamento e una complessa metamorfosi che dalla musica confluirà nella filosofia. Nietzsche diventa filosofo grazie alla musica, grazie al suo progressivo distacco dall’agire musicale che lentamente diviene agire filosofico. Un percorso lungo che prende corpo in questa fase di passaggio dove la pratica della musica, non trovando più alcuna possibilità di sviluppo nella composizione, muta in altra forma pur mantenendo inalterata la natura di un sentire musicale che continuerà a riemergere nella riflessione e nella scrittura filosofica: «ora sono musicista solo quel tanto che mi basta per l’uso quotidiano nella mia filosofia.» (EP II, 242).

Si creerà così un legame indissolubile che unirà la sua vita alla musica e la musica alla sua filosofia. Divenuto filosofo si interrogherà anzitutto sulla natura della giubilazione musicale, un lavoro che costituirà la radice comune della riflessione filosofica sul tragico, il dionisiaco e l’amor fati. Per questo nei suoi scritti anche un semplice accenno alla musica non può essere letto solo come semplice espressione di un gusto o di un’estetica, ma deve sempre essere inteso come una precisa indicazione di una via filosofica.

La musica occupa dunque i centri vitali del suo pensiero e del suo agire. E’ l’unica in grado di «offrire alle passioni di poter gioire di loro stesse»  scriverà in Al di là del bene e del male. Il suo sentirsi orgogliosamente musicista non subirà mai un cedimento neppure negli ultimi anni della sua vita cosciente quando non ha più molte occasioni per praticare musica come compositore o pianista: «Forse, non c’è mai stato un filosofo che fosse, au fond, musicista quanto lo sono io» (EP V, 930) scrive un anno prima della follia al direttore d’orchestra Hermann Levi. Una vicinanza alla musica testimoniata anche nei momenti di maggior amarezza: «non conosco più nulla, non sento più nulla, non leggo più nulla: e malgrado tutto ciò non c’è niente che, propriamente, mi interessi di più del destino della musica» (EP V, 930). 

I cinque mesi trascorsi a Torino, prima del suo forzato esilio nella follia, rappresentano un periodo decisivo, non solo sul piano filosofico, ma per le molte testimonianze che abbiamo sulla musica che ascolta quasi ogni sera nei teatri, nella sale da concerto, nei caffè.  

Nietzsche vive quei mesi come se tutto fosse sul punto di «giungere al suo culmine» (EP V, 1159). «Adesso sono l’uomo più colmo di gratitudine del mondo – con una disposizione d’animo autunnale nel miglior senso del termine: è il periodo della mia grande vendemmia.» (EP V, 1132).

Nel suo ricco scambio epistolare di quel periodo con Heinrich Köselitz, spesso rivolge la sua attenzione verso autori quasi del tutto sconosciuti. Tra questi un posto di rilievo è riservato a Carlo Rossaro (1827-1878) del quale ascolta un breve brano per archi intitolato Paolo e Virginia: «subito dopo un pezzo solo per tutti gli strumenti ad arco: dopo la 4ª battuta ero in lacrime. Un’ispirazione assolutamente celestiale e profonda, di chi? Di un musicista morto a Torino nel 1870, Rossaro – Le giuro musica di primissimo ordine, di una bellezza della forma e del cuore che cambia tutte le mie idee sugli italiani. Neppure un istante di sentimentalismo – non so più cosa sono i “grandi nomi”… Forse le cose migliori restano sconosciute» (EP V, 1168). Un’impressione talmente forte che pochi giorni dopo sente il bisogno di comunicarla anche all’amica Emily Fynn: «una delle cose più belle e commoventi che abbia mai udito, tanto che per dieci minuti ho dovuto lottare senza successo contro le lacrime – di chi? Di un musicista torinese morto nel 1872. Rossaro… Forse le cose più belle devono rimanere sconosciute? Comprese le persone migliori! Non rientrerà nella natura delle cose perfette il fatto di non diventare “famose”? Fama – temo che si debba essere un po’ canaille per diventare famosi» (EP V, 1175). Nietzsche non sapeva che quel compositore piemontese, oggi quasi totalmente dimenticato era un sostenitore del verbo wagneriano al punto che decise di chiamare il figlio Sigismondo in omaggio all’eroe della Walkiria. Nonostante la sua predilezione per Wagner, al quale dedicò anche una “Sonata-Fantasia” per pianoforte solo, i suoi brani restarono melodici, di un wagnerismo addolcito all’italiana. In particolare la breve composizione Paolo e Virgina op. 75 in fa magg. ascoltata da Nietzsche, brano dal lirismo intimo e pacato, ispirato all’omonimo romanzo di Bernardin de Saint-Pierre, autore francese ricordato anche da Stendhal.

All’incontro con Rossaro si aggiunge quello con il compositore francese: Renaud de Vilbac (1829 – 1884) del quale ascolta la composizione Chanson cypriote che così descrive: «Canto ciprio di Vilbac, di nuovo il culmine della délicatesse dell’invenzione e della sonorità, di nuovo travolgente successo e bis» (EP V, 1168).

Il corpo di Nietzsche, dopo essere stato rapito dal fascino dei brani degli autori più celebrati, ora si consegna ai ritmi di queste musiche, raggiungendo forse il punto estremo di un sentire raggiante che lo allontana dal dolore: «Non sono abbastanza felice, non sono abbastanza sano, per tutta questa musica romantica […] Ciò di cui ho bisogno è una musica con la quale si dimentichi il dolore» (FP 1887, 7 [7]), Con estrema semplicità e senza alcun eccesso o esitazione, Nietzsche si confessa in questo frammento dove la sofferenza non è da intendersi semplicemente come un momentaneo stato emotivo personale. La quotidianità del dolore nietzscheano è qualcosa di più, qualcosa che esce dalla condizione individuale per eternarsi nel dolore di Dioniso. Per uscire da questo dolore singolare ha bisogno di una musica del tutto particolare, che lo liberi da se stesso «con ritmi lievi, arditi, sfrenati, sicuri di sé, l’indoramento della vita attraverso armonie auree, tenere, benigne. (FP 1887, 7 [7]). 

 

L’intento del concerto che si terrà mercoledì 5 giugno 2019 al Conservatorio di Torino in collaborazione con il Conservatorio di Como è quello di riportare alla luce le due composizioni citate nell’articolo,  insieme ad alcune musiche pianistiche degli stessi autori ricollegandole al più complesso legame che Nietzsche intrattiene con la musica. Il programma sarà completato dall’esecuzione dell’Adagietto de L’Arlésienne di Bizet.

CONSERVATORIO STATALE DI MUSICA GIUSEPPE VERDI DI TORINO,
5 GIUGNO 2019, ore 17:30

I mercoledì del Conservatorio

Nietzsche: le musiche di Torino

Concerto in collaborazione con il Conservatorio “G. Verdi” di Como

Carlo Rossaro (1827 – 1878)
L’infinito, op. 99
Ninnarella, op 69, dai Pensieri Poetici
Dillo ancora! Pensiero poetico op 73
Andrea Boella, pianoforte

Renaud de Vilbac (1829 – 1884)
Bouquet de melodie sur la Mascotte,
per pianoforte a quattro mani

Enxhi Latifi, pianoforte
Francesca Loverso, pianoforte

Reanaud de Vilbac (1829 – 1884)
Chanson Cypriote

Carlo Rossaro (1827 – 1878)
Paolo e Virginia
manoscritto depositato presso la Biblioteca di Musica Antica di Magnano (Biella)

George Bizet (1838 – 1875)
Adagietto da l’ Arlésienne
Orchestra d’archi del Conservatorio “G. Verdi” di Como

Relazione introduttiva a cura di Elena Ballario e Bruno Dal Bon

 

Programma completo su:

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