Avvitamenti 4

In musica i frammenti non sono mai soli; e anzi, ogni frammento ci parla della grande unità della musica, dell’univocità del problema quando sconfigge le singole problematizzazioni e viene sconfitto dal suo stesso, infinito, problematizzarsi; indistinguibilità di vittoria e sconfitta del senso, intrattabilità di una pace separata, di una guerra senza macerie e senza residui.

La musica si avvita per salire verso l’altro, per non seccarsi al suolo, e non tramutarsi in rovo, suono di inciampo, trasformazione fallita. Solo in quanto corpo di raccordo (contrapposto al corpo umano che la suona e al vissuto immediato), la musica è logos proferito, e quindi “ascoltato”; se parlasse sempre – dall’Inizio alla Fine – sarebbe logorrea, parola che non si ascolta mai.

Un logos di questa natura compare solo se l’ascoltatore rinuncia tanto a un’indagine genealogica (il diventare se stessa di una musica) quanto a un puro e semplice esercizio a scatti, di scomposizione e ricomposizione tra frammenti: si tratta piuttosto di avvicinarla sperimentalmente, rovesciando la sua evanescenza evitante in una formula avvitante di evocazione. Un invito a manifestarsi, a dar prova di sé, a non essere né nonsenso alienante immesso nel mondo, né tautologia fuori dal mondo in cui finge di essere; ma anzi, metodo (o tortura) per estorcere da essa il suo pensiero.

Musica di Beethoven, Liszt, Vivaldi, Rachmaninov, Paganini